Perché ho lasciato la banca

da | 30 Aprile 2019 | consulente finanziario, lavoro

Come capire quando è il momento di cambiare.

Ho raccontato più volte di come, dopo oltre vent’anni passati in tre diverse banche, abbia sentito dentro quella spinta irresistibile che mi ha portato a mollare tutte le (presunte) certezze per passare alla libera professione.

Ho descritto come era prima di cambiare e tutto quello che ho trovato dopo averlo fatto.

Ho elencato i punti necessari a mettere in pratica questo cambiamento tra il lavoro dipendente e la professione di consulente finanziario da imprenditore di se stesso.

Qualcuno mi ha fatto notare che non ho parlato del mio processo decisionale. Cerco allora di ricostruire questo percorso molto interiore che è cominciato nel 2014.

A quel tempo ero direttore di una filiale alle porte di Milano che avevo aperto da zero alcuni anni prima. Non mancavano redditività, clienti e risultati. La banca per la quale lavoravo non esercitava particolare pressioni commerciali, anche se iniziava ad essere un po’ distratta dalla voglia di misurarsi su servizi ed attività non strategiche.

Questo era il contesto in cui operavo. Poi c’era la prospettiva futura. O meglio, non c’era. Ho sempre avuto bisogno di lavorare per un obiettivo personale, come un premio o una promozione. Oppure un per un progetto nuovo, come l’apertura di una filiale.

In quel momento mi annoiavo e mi sentivo in gabbia. Non c’era mercato per cercare un nuovo progetto con una banca diversa. Non c’era sviluppo territoriale nella banca in cui ero. Per i pochi ruoli di coordinamento erano state fatte scelte discutibili. Non c’era volontà di assecondare la voglia di cambiamento mia e di altri scalpitanti colleghi.

Non c’era possibilità di prendere iniziativa per qualsiasi cosa. Regole e budget risicati non lo consentivano.

Tutte cose che accomunano quasi tutte le banche Italiane degli ultimi anni, lo so. Ma io lo stavo vivendo sulla mia pelle e non lo accettavo.

Chiuso nella scatola della filiale mi sentivo in stallo. Nel frattempo erano in aumento le incombenze burocratiche. Tanto tempo dedicato a rispondere a report, a relazionare su questioni di ogni tipo, a partecipare ad inutili riunioni in cui si parlava dei dati di ieri senza che vi fosse un agire progettuale per il domani.

Tanti controlli su tutto con procedure sempre più invadenti, che si appropriavano della mia giornata. Ecco che poi in tutto questo scappa un elefante. Roba grossa, un danno grave che rischia di compromettere il lavoro di tutti. Quando succede il capo cosa fa? Scarica la responsabilità e accusa i colleghi più indifesi, in pubblico peraltro.

Avevo tanti motivi per voler cambiare e tante cose che non mi andavano bene. Ma quello che è successo l’ho trovato inaccettabile. Ho perso la fiducia e ho capito che dovevo andarmene.

A questo punto ho pensato che in una nuova banca, sempre ammesso di trovarne una col mercato del bancario bloccato, non avrei risolto molte delle cose che non mi piacevano.

Faccio il riepilogo e questo è l’elenco:

  • la noia della ripetizione
  • nessuno spazio per l’iniziativa personale
  • la mancanza di fiducia nei capi
  • la mancanza di meritocrazia
  • il ricatto dello stipendio
  • la burocrazia

Lasciando da parte l’apertura del classico chiringuito ai Caraibi, comincio all’inizio del 2015 ad interessarmi al mondo della promozione finanziaria. Intuisco un mondo in movimento che sta uscendo allo scoperto. Ne percepisco alcuni tratti di innovazione, merce rara dalle mie parti di allora.

Inizio a guardare i dati di questo mercato e, tra riviste di settore e Assoreti, capisco che la crescita è importante. Ecco che in un’Italia frenata su tutto c’è lì alla mia portata un settore che cresce del 20% all’anno.

Sento a questo punto quel brivido sottopelle, quell’emozione nel vedermi già nel nuovo ruolo che mi accompagneranno nei pochi mesi prima di cambiare.

Come risolvo la questione dello stipendio? Per me è andata così: “ho le risorse necessarie per vivere uno o due anni senza reddito? Bene, allora lo faccio”. Ovviamente è andata meglio di come avessi pensato.

Prima che tu possa dire che chi ha famiglia non lo può fare, è giusto che tu sappia che nel 2015 avevo 2 mutui da pagare e 2 figli, di cui uno di un anno.

La verità è che c’è un momento in cui con la testa sei già dall’altra parte. Non potresti rimanere dove sei a meno di vivere nel rimpianto. E allora fai un passo indietro, prendi la rincorsa e uno, due, tre e salta!

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Dario Coloru

Padre di Pietro e Carlo, appassionato di digital e tecnologia, sopportato dall’analogica Irene, sono Consulente Finanziario, seleziono e coordino Consulenti Finanziari.

Dopo aver postato 150 video su Facebook e YouTube ho deciso di avere un posto mio dove continuare a dire quel che penso su economia, finanza, lavoro e futuro.